Gas coke della produzione in eccesso bruciato attraverso le torce di sicurezza in direzione della centrale elettrica Cet e della batteria 10 delle cokerie. È questa la versione fornita dall'azienda ai sindacati su quanto è accaduto nell'acciaieria ex Ilva di Taranto. Fiamme e fumo avvolgono gli impianti del siderurgico e foto e video di operai e cittadini allarmati fanno il tam tam sui social. Riprendono quanto è visibile a occhio nudo anche a chilometri di distanza, accompagnato dall'odore acre del gas che brucia nell'aria. Sempre secondo quanto comunicato da ArcelorMittal ai sindacati, le manovre dovute all'eccessiva presenza di gas rispetto alla produzione (il gas è utilizzato normalmente per alimentare la centrale 'Taranto energia' all'interno della fabbrica) non avrebbero comportato emissioni oltre i limiti di legge. Ma sul punto vuole vederci chiaro l'Arpa, l'agenzia regionale dell'ambiente: i suoi tecnici sono all'interno dello stabilimento per monitorare la situazione e misurare i livelli di inquinamento. L'evento, comunque anomalo, si è verificato in giorni cruciali per il destino dell'acciaieria. La trattativa fra governo e ArcelorMittal per trovare una nuova intesa prosegue ma con non poche difficoltà. Il termine ultimo, in teoria, è quello del 31 gennaio prossimo. Il 7 febbraio è in programma l'udienza davanti al tribunale di Milano sull'opposizione dei commissari straordinari alla volontà del gruppo franco indiano di recedere dal contratto d'affitto dell'azienda. Lo Stato è pronto a intervenire nella gestione con società controllate, ma le parti sembrano ancora distanti per quanto riguarda piano industriale e ambientale e sui numeri occupazionali.
